L’Ippopotamo delle nevi
Come un cannone che nel 1912 aveva sparato in Libia arrivò nel 1916 sull’Adamello a quota 3289
“Ippopotamo”, questo è il nome che gli alpini affibbiano al pezzo da 149 arrivato a Edolo con la ferrovia. Viene da molto lontano, dalla guerra di Libia, dove ha già servito fedelmente i nostri soldati.
La sabbia e la polvere devono ora lasciare il posto alla neve ed al ghiaccio. L’ordine è di trasportare il cannone oltre i tremila metri di altezza, sui ghiacci dell’Adamello, per potergli permettere di coprire le azioni degli alpini che, più in basso, si riprendono la Patria metro sumetro, cadavere su cadavere. E’ il 9 febbraio 1916, per i meno attenti 100 anni fa, quando inizia la titanica impresa.
Il vero nome del pezzo è “149/23”, è un cannone a retrocarica, pesa 6.000 chili, affusto unico a coda, canna in ghisa da 3.000 chili con rigatura sinistrorsa lunga 4 metri, otturatore da 70 chili in acciaio, gittata 9 chilometri, ruote in legno a 12 razze. Parte da Temù alla volta dei ghiacci proprio quel giorno. Trainato da cavalli fino a dove la strada lo permette, viene completamente smontato e posto su enormi slitte rinforzate, e tirato a mano fino in vetta. Neve alta e soffice, ghiaccio, valanghe e ben 200 uomini impiegati nell’operazione.
Un giorno, qualche settimana dopo la partenza, sembra un giorno come un altro, sembra il solito massacro, la solita giornata ai limiti dell’umano, con in mano le grosse corde ghiacciate rigide come pali, trasportando verso i tremila metri 6 tonnellate di acciaio e ghisa, invece no, quel giorno è peggio, perché della neve si stacca e travolge la colonna di soldati col prezioso carico. Si scende, si cerca e si scava per giorni, e si riparte.
Tappa intermedia al rifugio Garibaldi 2.535 metri, arrivo a destinazione, cioè al passo Venerocolo a 3.236 metri il giorno 27 aprile. Per chi è troppo pigro per fare i calcoli, stiamo parlando di un lavoro durato 78 giorni. Appena finito di rimontarlo, comincia subito a sputare fuoco contro gli austriaci.
L’anno seguente viene trasferito a Cresta Croce (a quota 3.276) per seguire lo spostamento del fronte, e lì tutt’ora si trova. “Ippopotamo” fu il pezzo d’artiglieria media posto più in alto di tutti i fronti europei. Noi che conosciamo gli Alpini non ci stupiamo per nulla.
Oggi il nostro pezzo da 149 è ancora lassù: lui non è nei pensieri di nessuno, appartiene ormai ad un altro mondo, un mondo di sangue e suolo e onore, eppure se ne sta lì, sull’attenti, a ricordare all’audace viandante, cosa sia il sacrificio, la determinazione, il possibile, ma soprattutto il dono. A tremila metri sopra il mare, “ma molti di più sopra gli uomini”.