Difendere la memoria, non strumentalizzarla: il 25 Aprile è di tutti!
Mi è capitato di leggere l’articolo di Leonardo Bison dal titolo “Il 25 aprile del ministero della Cultura: così “sobrio” che sono sospesi tutti gli eventi degli Archivi di Stato”, su Il Fatto Quotidiano, che mi ha lasciato sinceramente interdetto.
Questo l’articolo, che non condivido:
L’autore dell’articolo ha provato a creare una polemica artificiosa, ma con scarso risultato, risultando anzi piuttosto patetico nel tentativo di forzare una narrazione che non regge a un’analisi onesta dei fatti.
L’autore cerca infatti di trasformare una doverosa sospensione di eventi ufficiali — dovuta al lutto nazionale per la morte di Papa Francesco — in una presunta offesa alla memoria del 25 Aprile. Addirittura insinua, nemmeno troppo velatamente, il sospetto di un disegno politico contro il ricordo della Liberazione, se non peggio.
Pur non essendo io d’accordo con i 5 giorni di lutto nazionale per la morte del Papa, credo sia bene ribadire con chiarezza che il “lutto nazionale” dovrebbe essere per tutti noi un momento di raccoglimento istituzionale, di rispetto condiviso, indipendentemente dal credo religioso o dalle personali idee politiche. E per tutti era naturale che in quei giorni si dovevano evitare manifestazioni pubbliche, cerimonie, inaugurazioni ufficiali.
Da quello che ho potuto capire, informandomi, gli Archivi di Stato non sono stati chiusi, nessuno ha impedito l’accesso alla memoria storica: si è solo chiesto di mantenere la sobrietà richiesta dalle circostanze.
Come spesso accade, però, c’è sempre qualcuno — in questo caso il giornalista del Fatto Quotidiano— che riesce a vedere in ogni scelta istituzionale qualcosa di subdolo, orientato alla chiusura, alla censura e perfino al ritorno di un fascismo strisciante nell’ombra. Un copione stanco e ripetitivo, che nulla ha a che vedere con la realtà.
Purtroppo, troppo spesso negli ultimi anni, una parte della sinistra italiana cerca di aggrapparsi a manifestazioni pubbliche — che siano antifasciste o in ricordo della lotta partigiana — strumentalizzandole in modo che ritengo fazioso e ignobile, come se fossero proprietà esclusiva di una sola parte politica.
Ed è davvero desolante vedere come venga sistematicamente utilizzata anche l’ANPI, piegandola a una propaganda di parte, in modo che finisce per somigliare — paradossalmente — proprio a quei metodi di strumentalizzazione tipici dei regimi che l’ANPI stessa dovrebbe ricordare di aver combattuto.
Una pretesa che non solo è storicamente scorretta, ma anche offensiva verso chi la Resistenza l’ha realmente fatta. E per chi, come noi tutti, la vuole ricordare per una doverosa memoria collettiva.
Bisognerebbe avere finalmente l’onestà di ricordare che i partigiani non erano tutti di sinistra: le principali formazioni della Resistenza italiana comprendevano comunisti, socialisti, azionisti, democristiani, liberali e monarchici. Un arco politico variegato e complesso che oggi qualcuno, in modo miope e fazioso, vorrebbe ridurre a una sola bandiera.
E, per dirla tutta, sarebbe anche il caso di ricordare che la guerra fu vinta dalle forze alleate. Il contributo dei partigiani fu importante per tenere impegnate truppe tedesche all’interno del Paese — come riconobbe lo stesso comando tedesco in Italia — ma la liberazione dell’Europa e dell’Italia arrivò grazie allo sforzo militare imponente degli eserciti alleati.
Per gli anni a venire mi auguro che il 25 Aprile torni ad essere la festa di tutti, non l’occasione per nuove divisioni.
Il ricordo della Liberazione merita rispetto, unità e verità storica, non strumentalizzazioni e sospetti.
W L’ITALIA!
Michele Sacchet