Don Carlo Gnocchi (1902-1956) è stato il Cappellano della Tridentina in Russia.
Don Carlo Gnocchi nasce a San Colombano al Lambro, nella pianura lodigiana, il 25 ottobre 1902.
Viene ordinato Sacerdote nel 1925.
Nel 1940 partecipa come cappellano militare alla campagna d’Albania con la “Julia”.
Congedato, nel 1942 va volontario, sempre come cappellano, in Russia con gli alpini della “Tridentina” e si merita una medaglia d’argento.
Scampato miracolosamente alla tragedia della ritirata, intraprende un’opera di assistenza e riabilitazione a favore dei mutilati e dei poliomielitici che nel 1952 sarà riconosciuta ufficialmente come “Fondazione Pro Juventute”.
L’ultimo suo gesto profetico fu la donazione delle cornee a due ragazzi non vedenti, quando in Italia il trapianto di organi non era ancora disciplinato da apposite leggi; questo gesto diede un’accelerazione al dibattito sui trapianti e dopo poche settimana fu varata una legge ad hoc.
È stato dichiarato Venerabile da Papa Giovanni Paolo II nel 2002 ed è in corso la Causa di beatificazione.
Muore a Milano il 28 febbraio 1956, dando disposizioni affinché le sue cornee vengano donate a due giovani non vedenti.
Così si espresse nel suo libro “Cristo con gli alpini”:
“Nella storia di questa valanga di uomini che cozza undici volte contro la ferrea parete della sua prigionia e la sfonda, è difficile raccogliere episodi individuali.
Tutti hanno dato fino all’estenuazione, fino all’eroismo.
L’Artiglieria che più volte ha difeso i pezzi a corpo a corpo, gli alpini che hanno scalato i carri armati, forzandone col moschetto la torretta per gettarvi dentro le ultime bombe a mano, i congelati, i feriti che si sono strascinati per giorni lungo le piste,qualche volta a carponi, per non cadere nelle mani del nemico, i genieri che sono andati all’attacco snidando il nemico casa per casa, gli addetti ai servizi e gli scritturali che hanno gareggiato in dedizione coi combattenti, tutti, dall’ultimo alpino fino al Generale Comandante, che dopo aver sempre marciato con l’avanguardia, in una giornata decisiva, si è messo in testa alla Divisione portandola alla vittoria ed alla libertà, mentre interno a lui cadevano quaranta ufficiali ed un Generale, tutti hanno compiuto opera veramente sovrumana.
Dio fu con loro, ma gli uomini furono degni di Dio.
Sì perché avevano quella fede che li ha fatti diventare eroi; l’amore per la Patria e per la famiglia, fede che diventa sempre più grande quanto più il gelo di una natura o stile, l’aggressione ossessionante di una terra nemica senza orizzonti e senza mète si accanivano contro di loro e quando le forze stavano per crollare, la visione dell’Italia, della famiglia lontana, era per loro una luce che li rendeva disperatamente decisi a raggiungerla.
Solo uomini che possiedono così forte questa fede possono aver fatto quello che hanno fatto per cercare di uscire dal cancello dell’eternità”.